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Tuesday, October 13, 2009

Scudo fiscale




Qualche giorno fà in parlamento è passato il c.d. scudo fiscale, sorvolando sulla natura dei ridicoli discorsi che gli esponenti del PD hanno portato per giustificare la propria assenza durante le sedute decisive per l'approvazione dello scudo, sto cercando di capire come Tremonti faccia ad ostinarsi a difendere questo provvedimento.
Sicuramente la legge arriva in un momento in cui lo stato ha bisogno di fare cassa, e sia il rimpatrio dei capitali (stimati 300 miliardi di euro) che l'aliquota applicata a tali capitali, potrebbero servire a migliorare l'economia italiana... Ma a che prezzo? la preoccupazione maggiore sta nel riciclaggio dei capitali provenienti da attività criminali. E, amici, per attività criminali non intendo le rapine di vallanzasca, ma i falsi in bilancio e tutte quelle brutte storie li...
Partiamo dal principio, lo scudo fiscale è un enrome condono, che permette a chi denuncia capitali detenuti in paradisi fiscali (tranne la svizzera) di rimaptriare i capitali, pagando solo un'aliquota tout court del 5%, invece che subire una regolare tassazione. Chi non sfrutta questa ultima possibilità di rimpatrio, SE scoperto, dovrà pagare una sanzione compresa tra il 10% e il 50% del capitale, senza più incorrere nel rischio di confisca. Lo scudo copre una serie di reati, tra cui reati societari di diversa entità, compreso il falso in bilancio, e più in generale capitali esportati illecitamente all'estero.
Fino a qui tutto bene... Il problema è che l'emendamento garantisce l'anonimato e prevede che "il rimpatrio ovvero la regolarizzazione si perfezionano con il pagamento dell'imposta e non possono in ogni caso costituire elemento utilizzabile a sfavore del contribuente, in ogni sede amministrativa o giudiziaria, in via autonoma o addizionale". Tradotto? Tradotto un furbetto che ha tanti denari all'estero, potrebbe prendere un prestanome e far rimpatriare a lui i soldi sporchi, in modo che la digos e la finanza non risalgano MAI a chi effetteviamente ha commesso i reati, facendo cosi dello scudo fiscale una vera e propria lavatrice di stato... LEGALIZZATA.


brutte cose insomma.

Wednesday, September 30, 2009

ATM deporta





Oggi (e dico solo oggi, perchè pare questo "servizio" esista da 6 mesi) ho letto su 02blog che ATM ha messo a disposizione della comunità un bus, quello della foto, blindato, con grate alle porte e scorta di 4 volanti, per combattere l'immigrazione clandestina.


Praticamente funziona che ci sono 32 vigili, che affiancano i controllori, in giro per milano a caccia di clandestini, quando vedono della pelle scura, la caricano sul 4971 (cosi è chiamato il vagone), per portare in centrale il mal capitato, che 3 volte su 10 risulta regolare.


A parte una serie di proteste inscenate dai sindacati dei vigili, perchè è chiaro che vengono sottratte forze ai ghisa, non capisco come la città faccia ad accettare un sistema del genere. Mentra a napoli casapound viene presa a calci, noi con tutti i nsotri benpensanti e le nostre giornate della memoria, non ci rendiamo conto come questo sistema sia vicino allo schifo che sucedeva 50 anni fa... Ma soprattutto spero sia velato dall'ironia uno dei commenti al post "io insieme ai vigili manderei anche un bel chimico che esamina i clandestini e sceglie i migliori per fare il sapone".


Monday, September 28, 2009

dimmi la verità, la veritaaaaaa



Quello che sta succedendo all'informazione di massa, in questo periodo, è abbastanza sotto gli occhi di tutti. Se da una parte il governo non prova vergogna ad assumersi peculiarità del parlamento e giocare a rimpiattino col palinsesto, dall'altra si comporta più cautamente, per attaccare i mass media cartacei. Dove per "più cautamente" intendo che fa le cose losche.


Oggi in particolare mi riferisco al disegno di legge sulle intercettazioni, che mette una catena alle braccia già claudicanti dei giornalisti italiani. Di base c'è il terrore di querele penali e civili, figlio del fatto che molto spesso i presunti diffamati abbiano un corpo di avvocati abbastanza consistente, e dall'altra parte, il giornalista viene abbandonato, ed è facile quindi che pure in condizione di dubbio, quest'ultimo venga condannato e bollato come diffamatore.


Per evitare il tracollo ad un'azienda di stampa medio piccola, spesso l'editore mette la mani avanti e mette pressioni sul giornalista, che a questo punto deve stare attento a quello che scrive. In più per riportare un atto del procedimento (e poi processo) penale, e non incappare in denunzie, il nostro buon scrittore deve dimostrare (non a sè stesso, al giudice sempre eh) che la notizia:

-sia vera

-sia di interesse pubblico

-non abbia un tono inutilmente aggressivo

-non ci siano notizie personali superflue

... E fin qui tutto bene, ma l'assurdo sta nel fatto che se il nostro eroe è troppo preciso, e riporta l'atto, dovra fare iconti con l'art.114 del c.p.p, se invece riporta la notizia per riassunto, rischia di dover fare i conti con il giudice civile per diffamazione, non essendo stato abbastanza preciso.


La nuova legge sulla privacy, allargherebbe poi, lo spettro dell'art.114 e del 329, pretendendo di comminare una pena di 5000 pleuri a chi violi il segreto "posto sugli atti di indagine e su ogni pubblicazione arbitraira" (queste ultime due parole regalano al giudice una completa discrezionalità), in più all'editore del giornale viene posta la spada di damocle della responsabilità amministrativa che grava sull'azienda per i reati commessi dai dipendendi, nell'ambito della propria attività... quindi? quindi per ogni atto del procedimento VERO, non più coperto da SEGRETO investigativo, e riportato in maniera corretta e dettagliata l'editore rischia di pagare da un minimo di 25 mila ad un massimo di 465 soldini... A questo punto sarà l'editore a fare pressioni sul cronista, perchè si tanga alla larga da situazioni troppo losche.


La soluzione? facile, oggiogiorno chi querela non rischia niente, sia per il discorso di prima della sua capiente capacità difensiva, sia perchè, dal punto di vista legale, il massimo in cui può incappare è il pagamento delle spese del processo. Disincentivare la querela selvaggia, sembrerebbe un riemdio abbastanza efficace per limitare lo strapotere del querelante che indirettamente schiaccia la libertà di chi vuole portare alla luce aspetti spesso farraginosi dei processi italiani.


Thursday, September 24, 2009

L'impronta ecologica

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Il PIL (Prodotto Interno Lordo) è considerato la misura della ricchezza prodotta in un paese in un anno. Da sempre, ma con particolare insistenza negli ultimi mesi di crisi finanziaria ed economica, sentiamo parlare su tutti i mezzi di comunicazione dell'andamento del Pil: sui giornali di oggi trovo Draghi che afferma «Secondo stime largamente condivise, nella media del 2009 la caduta del Pil rispetto all'anno precedente, risulterà in Italia intorno al 5 per cento»; trovo i dati della Casa Bianca che parlano di un aumento del 2% del Pil già dal 2010 e così via...


Ma cosa misura il Pil? E' veramente un indicatore adeguato del benessere collettivo? Come risposta a queste domande è illuminante il discorso tenuto da Robert Kennedy il 18 marzo 1968 all'Università del Kansas, tre mesi prima di essere assassinato proprio a causa della sua presa di coscienza.


Potete sentire il discorso di Kennedy nel video sottostante oppure leggerlo cliccando qui.



  


L'impressione che il Pil sia un indicatore di misura poco significativo si è diffusa sempre più, al punto che sono stati sviluppati diversi indicatori alternativi. Uno di questi è l'Indice di Progresso Genuino, comunemente chiamato con l'acronimo inglese GPI (Genuine Progress Indicator).
Il Gpi misura l'aumento della qualità della vita di una nazione partendo dal presupposto che la crescita del Pil ha costi e benefici. Esso distingue quindi le spese positive, che aumentano il benessere, da quelle negative (crimini, inquinamento, incidenti, …), dando così informazioni sulle minacce per il benessere della natura e dell'uomo in un'ottica di sostenibilità presente e futura.


L'utilizzo del Gpi sui dati storici dimostra che, sebbene il Pil sia cresciuto continuamente a livello mondiale fino ai nostri giorni, il benessere crebbe fino agli anni '70; da allora il Gpi decresce, rivelando una crescita antieconomica, ovvero non sostenibile e quindi autodistruttiva.


Questa consapevolezza porta a varie ipotesi sulle possibili prospettive future: dal passaggio ad un post-capitalismo, caratterizzato da un tasso di interesse negativo e basato sulla decrescita, alle più drastiche e catastrofiche previsioni... Tutte teorie molto interessanti ma che non ho intenzione di approfondire in questa sede (si leggano, ad esempio, Wim Dierckxsens, La crisi mondiale del XXI secolo o altri economisti come Latouche o Attali).


Piuttosto, la mia intenzione e di agganciarmi alla tematica dell'impronta ecologica. L'impronta ecologica è un metodo per misurare l'impatto umano sulla capacità sostenibile della Terra attraverso il calcolo della superficie di territorio necessaria per produrre, in un anno, le risorse consumate da una persona, una comunità o un paese in termini di prodotti, generi alimentari, energia e per assimilare e smaltire i rifiuti e le emissioni. In questo modo si stima che, a fronte di una biocapacità disponibile di circa 1,8 ettari a persona, nel 2001 l'impronta media mondiale era di 2,2 ettari pro capite. L'impronta ecologica supera quindi la biocapacità del 20%, e questa percentuale è in continua crescita (anche per via dell'andamento demografico).
Senza considerare che il 20% della popolazione mondiale – tendenzialmente residente nel Nord del mondo – è responsabile dell'80% dell'impronta ecologica mentre oltre la metà della popolazione – che risiede invece nel Sud del mondo – non può soddisfare neppure le sue esigenze fondamentali!


Esistono diversi siti internet che permettono, con approssimazione più o meno elevata, il calcolo della propria impronta ecologica. Fra questi: footprintnetwork.org , Pandora , Earthday.net – anche se i migliori non sono ben calibrati per un cittadino italiano.


Al di la dell'impronta ecologica personale che, oltre a farci rendere conto dell'impatto che abbiamo, permette dei correttivi sul proprio stile di vita soltanto minimi, risulta molto interessante calcolare l'impronta a livello di comunità. Con adeguati modalità di calcolo è stata misurata l'impronta di diversi Paesi, di diverse regioni italiane, di alcune provincie ed anche di alcune città come Ancona, Cagliari e Siena. Potrebbe essere interessante calcolare anche l'impronta a livello comunale di Milano o, per rendere il dato più significativo, a livello di hinterland.


Molto possiamo e dobbiamo fare per evitare il collasso del nostro sistema economico e la catastrofe ecologica, anche partendo da semplici azioni quotidiane. Iniziative comunali come la raccolta differenziata, la promozione del consumo di prodotti locali, i punti di distribuzione dell'acqua e così via vanno nella giusta direzione, l'unica percorribile per evitare l'autodistruzione.
Cos'altro è possibile fare per modificare la logica economica causa dell'attuale crisi – che ha radici profonde, collegate all'ingiustizia sociale e alla logica capitalistica del profitto fine a se stesso – verso un nuovo modello, etico e sostenibile?

La risposta si trova nella capacità di proporre soluzioni creative, di indignarsi per le ingiustizie causate dai modelli di consumo “Occidentali”, di reagire all'abitudine e agli schemi ordinari di pensiero e di resistere al torpore che la società di massa tende per sua natura a somministrare nei nostri corpi e nelle nostre menti.

Dario Pagnoni

Friday, September 18, 2009

Presidio rinviato




Dopo tutte le storielle sulla censura e su tutto quello che berlusconi sta facendo per difendersi dai comunisti, avevamo deciso di partecipare ad un paio di presidi che erano stati indetti da PD e CGIL... Tuttavia dopo quello che è successo in Afghanistan, la sinistra ha deciso di annullare gli appuntamenti, rinviando a data da destinarsi.
Non voglio fare polemica, in Italia muiono una media di 4 virgola qualcosa lavoratori al giorno.
Ipocrisia non è la parola giusta, ma è la prima che mi viene in mente.

Monday, September 14, 2009

stand up for your rights - è sufficiente?



...Lo so lo so non dovrei prendermela, dopo che ho scoperto gli errori della democrazia, dopo che lo schifo degli episodi xenofobi registrati a roma e nel resto d'Italia, dopo le ronde, le camicie verdi, le camicie nere, i cuori neri che si nascondono sotto berretti blu, e dopo che nulla è cambiato, soprattutto nel posto dove gli Italiani passano la maggior parte del proprio tempo libero, si la tivi.


Eppure me la prendo ancora, eppure ancora mi viene il vomito quando sento che durante un ritrovo della lega, a Venezia, 6 o 7 militanti, con la camicetta verde vanno a bussare ad un locale del centro. Bussano tirando colpi sulla vetrina, pugni e poi insulti. Uno dei baristi, palesemente non italiano, seguito dal suo socio albanese, esce per farli smettere, due parole per spiegare ad un giovane di 30 anni che a prendere a pugni una vetrina, questa prima o poi si rompe... risposta: "fammi vedere il permesso di soggiorno" e giu botte, e giu a sfasciare il locale.

una turista americana ha assistito all'aggressione: "aveva una heineken, era ubriaco" e "si chiama fabio" e fa vedere ad un poliziotto le riprese fatte col cellulare... Sembrerebbe quindi che questo tipo farà fatica a caversala, e che la denuncia sporta dai due albanesi e dal gestore del locale vada a buon fine. Stiamo a vedere. Intanto 7 e 30 giorni di proagnosi per i due camerieri, che sicuramente non avranno alcun problema ad arrivare a fine mese, contando che il loro status di immigrati fa salire automaticamente le loro capacità di derubare, intimorire, stuprare i poveri cittadini italiani.
Ma ad ogni modo non rimanete turbati da questo post, non preoccupatevi. Si tratta solo di un caso sporadico.

siam tra color che sono sospesi




Già da tempo avevo pensato che si stesse facendo della bella propaganda sulla pelle dei terremotati, ma speravo che la situazione sarebbe cambiata. Speranza mal riposta.


Succede che il premier ha fatto una combo mica da ridere. Da una parte si cancella l'appuntamento con "Ballarò" per dar spazio ad una puntata speciale di "porta a porta", e dall'altra si mette insieme un teatrino per mostrare all'Italia quanto questo governo abbia fatto per i "terremotati dell'Aquila". Lasciando però da parte la situazione ridicola (a paurosa, perchè da ridere effettivamente c'è ben poco) che sta vivendo la libertà di espressione nel nostro paese, dove Santoro è ancora senza contratto e dove la tivi di stato rifiuta la copertura legale a "reporter", cerchiamo di capire insieme com'è la situazione dei terremotati in centro Italia.


Molti campi tendati che erano stati allestiti da Croce Rossa e Protezione Civile, sono stati chiusi e sgomberati, nella speranza di dare alloggio agli sfollati in una serie di prefabbricati fatti arrivare da chissà dove. In più entro il 31 settembre chiuderanno anche i restanti 112 campi, i cui attuali abitanti NON sanno dove andranno a finire. Se contiamo che non sono stati consegnati nemmeno i due cantieri più attivi, possiamo immaginare che gli sfollati rimpiangeranno i 5 mesi emmezzo di tenda, visto che a fine mese non avranno più un posto dove andare. Le parole delle persone che si trovano in questa situazione sono abbastanza chiaro, c'è chi si è sentito (sente?!) trattato come un deportato e chi si lamenta del fatto che le soluzione prese dallo stato hanno smembrato famiglie e diviso nuclei di persone che per anni sono stati dirimpettai (esempio comodo è quello della militarizzazione dei campi, dove famigliari e parenti non appartenenti ad una determinata zona devono pagare un corrispettivo di 5€ per stare una giornata nel campo con i propri cari).


L'esperienza più vergognosa è quella di Piazza D'Armi, dove il più grosso campo tendato è stato sgomberato la settimana scorsa, senza dare valide alternative agli Aquiliani che viveano li ormai da 5 mesi. Queste le parole che mi hanno colpito di più "Come già raccontato a non trovare sistemazione a L’Aquila soprattutto gli anziani e persone con disagi: insomma i meno produttivi"... e ancora i ragazzi del comitato 3e32 mandano questo appello "Adesso è già tardi. Fa freddo, la situazione è complessa e drammatica allo stesso tempo. Il miglior modo di affrontarla è il risveglio delle coscienze. Non aspettiamo ancora che qualcuno ci salvi. Soccorriamoci l’un l’altro". Intorno all'Aquila stanno cominciando ad occupare zone abbandonate, la popolazione è quindi ora obbligata a cadere nell'illecito per poter sopravvivere (amici siamo a settembre, comincia a fare freddo), e la cosa non farebbe venire cosi tanto il voltastomaco se chi ci governa non si riempisse la bocca con un paio di casette che con buona probabilità diventeranno le dimore fisse dei primi che ci entreranno, costretti a vivere nell'eterna speranza di riavere una casa vera.

Sunday, September 13, 2009

prima riunione - martedi 15 settembre





ciao, memo per tutti queli che vogliono fare un po di cultura, infomrazione e politica in Bocconi... Martedi 15, ci riuniamo per la prima volta dopo la pausa estova, in aula 14 (via sarfatti 25, i leoni insomma) dalle 12 alle 14.


Parleremo delle attività che abbiamo in programma, gli incontri e probabilmente anche ci si metterà d'accordo per la manifestazione di sabato a favore della libertà di espressione.


a presto.

Tuesday, September 8, 2009

Guida studentesca per matricole in Bocconi

L'associazione studentesca Lilliput Studenti Indipendenti, come tutti gli hanno, ha pubblicato la guida studentesca per aiutare le matricole ad orientarsi in Bocconi – e non solo.

Potete richiedere la versione cartacea anche alla redazione di trentaquattro, oppure scaricarla in pdf cliccando qui.

Buona lettura!

Monday, September 7, 2009

sono tra noi


Mentre in alcune librerie mi ritrovo a sfogliare alberi morti invano (non sono per la censura, ma ci vorrebe del buon senso), e in parlamento si discute sulla regolarizzazione delle badanti, che ancora sono fermamente convinto siano sempre esistite, Giuliano Cazzola titolo "Una risorsa chiamata immigrati" un suo articolo sul sole 24 ore.
Partiamo dal presupposto, spero omrai consolidato, che la presenza di migranti in Italia ed in Europa sia essenziale. L'invecchiamento degli stati , dovuto alla bassa natalità (che poi, pensandoci un pò su è un gatto che si morde la coda... Le famiglie non crescono più di un figlio a testa, perchè non possono mantenerlo, perchè l'economia del paese è in cirsi per via dell'assenza di una classe giovane che lo guidi)ridurrebbe, da qui al 2030, se poniamo l'immigrazione pari a zero, la popolazione lavoratavia a 20 milioni di teste. Se aggiungiamo che l'apporto lavorativo degli stranieri è il 9,2% del PIL statale, ovvero in soldoni 122 miliardi (in lire quanto fa?), arriviamo a capire che la politica di razzismo e xenofobia degli ultimi anni, è decisamente controproducente (amici, stiamo facendo un analisi economica, capite che dal punto di vista etico/morale il problema nemmeno si pone).
Leggendo l'articolo, ho scoperto che gli immigrati denunciano i redditi (quelli che sono riusciti ad avere un permesso di soggiorno, perchè per gli altri, dopo le ultime follie dell'imperatore, non è nemmeno più possibile denunciare un omicidio)... E pensate un pò, dati IRPEF alla mano, i migranti apportano alle casse dell'erario 3,106 miliardi di dollari europei... aggiungi 7 miliardi dei contributi INPS... togli i decimali ed esce il numero che avevi pensato, 10 miliardi, sufficienti?
Al contrario di quello che spesso si sente dire (mamma, gli immigrati mi rubano il posto di lavoro gne gne), gli stranieri (extracomunitari e non) soddisfano quella domanda di lavoro che viene fortemente evitata dai nostri italici italiani. Confartigianato ha denunciato a fornte della richiesta di 100mila posti di lavoro, 30mila vengono rifiutati, perchè reputati troppo degradanti (posti in fonderia, nell'edilizia e nellla cura della persona... insomma braccianti e badanti).
Il compito che la politca deve assumersi, è quello di una regolarizzazione ponderata (la regolarizzaizione delle badanti ne è un esempio, le scelte del decreto sicurezza un calcio nelle gengive), alla luce di questi dati. Senza certo aprire le frontiere in modo irrazionale, ma nemmeno permettere che idee e atteggiamenti xenofobi e razzisti infettino le scelte politiche ed economiche del paese.

Quando la TV non è spazzatura

Ci tenevo a segnalarvi la prima puntata della nuova stagione di "Presadiretta", andata in onda ieri sera su rai 3, dedicata alla politica dei "respingimenti" dei migranti.
E' un'indagine interessantissima con immagini preziose e inedite scattate dall'unico giornalista presente sulla motonave della guardia di finanza che il 6 maggio per la prima volta ha respinto in Libia un gommone carico di eritrei e somali, tutti uomini e donne in fuga dalla guerra che avrebbero avuto il diritto allo stato di rifugiati.
Si indaga poi su quello che accade nelle carceri libiche, sui rapporti tra Italia e Libia, sul ruolo della Lega.
Vi consiglio davvero di non perdervela.
La trovate qui: http://www.youtube.com/view_play_list?p=F01933EC3ECEDF0C&annotation_id=annotation_831560&feature=iv

lezioni sulla crisi - report






Oggi, dalle comode poltrone dell'aula magna nella sede in Via Roentgen, ho assistito ad un dibattito, rispetto alla crisi, tra governo (nell'angolo destro, in blu Giulio Tremonti) e l'opposizione (nell'angolo sinistro, in rosso, Enrico Letta).
Ad essere onesti gli interventi sono stati più una lezione, come promesso dalla locandina, che un dibattito, ma andiamo con ordine.
Guido Tabellini, nel suo discorso introduttivo, è stato molto chiaro, rispetto a quali siano i cattivi che hanno segato le gambe all'eonomia mondiale:
- la leva finanziaria, negli anni passati, ha raggiunto valori eccessivi, cosi che fosse un attimo passare da situazioni molto positive, a situazioni di indebitamento eccessivo. Proprio questo indebitamento ha portato, al tanto sottovalutato rischio sistemico, che come un'epidemia si è portato nel baratro banche e intermediari.
-il sistema di compenso (esagerato) dei manager e dei team leader, ha fatto venire l'acquolina in bocca ai colletti bianchi di wall street, che hanno chiuso il loro moral hazzard in un barattolo di burro di arachidi, e hanno cominciato a marciare sulle spalle degli azionisti.
-una politica monetaria che non si è preoccupata più di tanto del rischio finanziario.
-squilibri globali. Questo punto mi sta particolarmente a cuore, Tabellini infatti sostiene che (viste anche le politiche di partecipazione adottate al g20) la partecipazione dei paesi "in via di sviluppo" alla finanza mondiale, è decisamente sottovalutata e ostacolata. Nonostante la crisi, ancora non si è capito che bisogna intervenire (e quindi far partecipare) in quei paese dove i capitali sono effettivamente impegnati. La liquidità dei paesi piccoli, ma MOLTO produttivi, non va curata alla pari di quella di USA e UE.

Il Rettore sostiene, come anche gli altri interlocutori, che la salvezza stia nel mezzo. Che si debba afforntare la crisi senza peccare di ottimismo e liberismo, ma nemmeno tuffarsi a pesce su una politica restrittiva, per evitare la chiusura dell'accesso al credito. Anche lui sostiene l'importanza della tempistica di intervento e rimozione degli stimoli finanziari, che tanto si stanno spendendo in questi mesi.


In Italia la situazione è complicata. I problemi sono quelli di sempre, il debito pubblico esagerato (118% del pil, previsto nel 2010), legato soprattutto alla bassa crescita di investimento e mercato del lavoro. Le soluzioni che sono emerse, considerando anche il resto del dibattito, sono una ricapitalizzazione del sistema bancario, ma sopratutto una serie di misure diverse da quelle adottatte nei paesi anglosassoni. Infatti se in Inghilterra ci sono 40 multinazionali che è sufficinete salvare per risolvere la crisi, in Italia di multinazionali ce ne sono 5, e sicuramente la nostra economia si basa su ben altri soggetti, cioe i 4 milioni che ogni mattina alle 6 alzano la serranda della loro propria attività. Lo stato, quindi, dovrebbe occuparsi, ancora una volta, di riformare la situazione delle piccole medie imprese, che oggigiorno si trovano circondati da una legislazione risalente agli anni 70.


Tremonti, dopo aver impartito una lezione di filosofia cartesiana, accusa l'economia moderna di aver avuto l'arroganza di credersi scienza in grado di regolare il mercato con leggi universali, dimenticandosi che ogni caso concreto è diverso a seconda dell'ambiente in cui avviene. Il Ministro, poi, minimizza la crisi, a settembre 2008, infatti, si pensava di andare incontro ad una guerra, perderla, e senza neppure aver combattuto. Invece le perdite sono state molto limitate, dai salvataggi e dal recupero (più veloce in USA) delle economie locali. Insomma la crisi sistemica non è stata cosi mostruosa come tutti pensano. Alla domanda "perchè la crisi"? Tremonti risponde che gli stati sviluppati stanno gestendo male la globalizzazione, in 20 anni di mutamento mondiale, infatti, i capitali si sono redistruibuiti sul globo, MA i centri nevralgici della finanza sono rimasti gli stessi. Gli stati, invece che investire in capitali monetari, avrebbero dovuto occuparsi dei capitali umani e di strategie "geografiche". Anche Tremonti guarda all'Italia con occhio critico, sottolineando l'eterno divario nord/sud e auspicando una riforma federale, che permetta di appianare le asimettrie forzate del nostro paese, dove metà del territorio è fuori dalla rappresentazione politica e dalla lotta all'evasione. In due parole "democaticità economica".


Letta apre il suo intervento con una romantica citazione dei Promessi Sposi (in cui Don Abbondio descrive la peste come un fuoco depuratore, più o meno insomma) come l'acume dei lettori suggerirà, basta sostituire la parola "peste" con "crisi" e si ottiene la visione catastrofica e insieme pulitrice di quello che abbiamo vissuto engli ultimi mesi. L'analisi del Deputato è molto più politica, prima con uno sguardo alle Americhe (dove la classe politica non è riuscita a porre un freno all'incubo dei mutui, ma ancora peggio ha influenzato le scelte della FED) poi con riferimento alla situazione Europea, dove il susseguirsi di leadership diverse (prima il potere forte della Francia, poi quello debole della Repubblica Ceca) ha paralizzato la possibilità di riforme consistenti (questo punto ricordatevolo, perchè tra poche righe scatenerà l'inferno).
La ricetta di Letta è una fusione tra le quote europee e i fondi comunitari, in modo da conentrare i captiali in un solo ptere forte (anche Tabellini parlava di un solido governo globale). Letta poi chiude con una bella frase "la crisi è figlia della diseguaglianza".

E' passata quasi un'ora emmezza, ed evidentemente è ora di scannarsi un po'. Tremonti si prende a cuore la frecciatina sulle riforme, rincarata dall'accusa "è colpa vostra", e senza più tante riserve esprime il suo dissenso con un "ho aspettato, per cercare di rimandare il più possibile il talk show televisivo"... e comincia la bagarre. Il Ministro comincia ad elencare le attività fatte nei 14 mesi del governo Berlscuoni (nucleare, università, sicurezza), e Letta risponde con dati concreti, denunciando la mancanza di riforme nei confronti di lavoratori parasubordinati e a tempo indeterminato. C'è astio, ma io sono contento perchè la tipina bionda con i pantaloni rossi che mi sta di fianco, ride con me.


Discorso interessante, tanta gente e momenti di viva ilarità (uno su tutti quando Tremonti, in difficolta con il microfono, annuncia "sono stato costretto al silenzio, dagli economist!"). Ora che ho capito qualche cosa di questi ultimi mesi, potrò bullarmi la prossima volta che salta fuori un discorso serio. Mica poco eh.


P.S. le poltroncine dell'aula magna sono su un altro livello, schiacci in giu il seggiolino come al cinema e bzzzzz salgono anche i bracciali. voto 8. Grazie Dante.

Wednesday, August 26, 2009

Afghanistan...che succede?






Finalmente la missione di pace (oggi al tigi sentivo "ma... comandate le armi che avete a disposizione sono sufficienti? perchè ricordo che è una missione di pace") delle potenze occidentali in medio oriente comincia a portare i primi frutti, in Afghanistan qualche giorno fa la popolazione è democraticamente andata ai seggi... Diciamo però che oltre ad avere un concetto di "missione di pace" tutto suo, l'occidente si trasporta dietro anche il proprio concetto di "democrazia". Prima sento di questo corrispondente inglese a Kandahar che compra un paio di schede elettorali al mercato, 10 biglietti verdi cadauno; poi le cose si complicano, salta fuori che nelle nelle liste degli iscritti al voto c'è una fanciulla che si chiama "Britney J. Spears"... la cantante dico... diciamo che sia un'omonima. Brogli? No dai ma che brogli...

Poco dopo dai media apprendo che i nostri stati spingono er un accordo preventivo tra i candidati (il presidente uscente e ricandidato Karzai e l'ex ministro Abdallah che sono i più quotati). E' necessario cioè che decidano a tavolino il risultato di queste elezioni democratiche, in modo che al momento dello spoglio, un eccessivo divario tra i due non faccia scoppiare scontri tra le due fazioni di sostenitori... Per sospetti di brogli... Comeeeee?!


Alllora succede che mentre la popolazioni rischia la pelle per andare a votare, si cerca di assicurare che la democrazia non funzioni... Continuo a chiedermi cosa sia questa ostinazione dell'occidente di voler crescere il MedioOriente come un figlio, ad immagine e somiglianza di quello che siamo noi, forzandone l'essere, ottenendo solo strazio per la popolazione.


... e mentre la NATO vuole raddoppiare le truppe in Afghanistan, gli USA si preaparano alla censura, il Pentagono ha stilato una lista nera, su cui sono scritti tutti i nomi dei giornalisti che non sono in linea con il pensiero delle forze armate americane, in modo da mandare sul campo solo jarhead.

Tuesday, August 25, 2009

La squadra non si cambia, anche se perde




Forse un pò inflazionato (ridere eh?) come discorso, ma mi ostino a voler capire quali siano gli antidoti per questa depressione economica. Nel momento in cui scrivo non sono ancora il massimo esperto di economia mondiale, quindi nonostante l'istinto mi dica di guardare alla Cina di Mao per cercare di capire cosa succederà in Europa tra qualche mese, seguo il parere dei professoroni e tengo d'occhio le Americhe.


Obama gioca in posizione di difesa Ben Shalom Bernanke, made in USA, Harvard e Princeton alle spalle, ha parecchie simpatie per la parte repubblicana della vita politica statunitense, ma se Obama avesse deciso di non rinnovare il mandato del timoniere della FED, avrebbe confessato la scarsa fiducia negli sforzi che la Banca Centrale ha finora fatto per uscire dalla crisi.


Bernanke si prende (per altri 4 anni) "il compito di costruire una crescita solita, rispettando la stabilità dei prezzi"... Buona fortuna.

Il problema è che la disoccupazione aumenta, e il potere di acquisto delle famiglie quindi diminuisce. La ricetta dei bei vecchi tempi andati prescrive di sostenere le banche (ecco per uscire dalla crisi attuale si è deciso di salvare le grosse banche, responsabili della crisi stessa... e 70 anni fa'?) con una flebo di introiti della banca centrale, in modo da aumentare la liquidità quindi i consumi e far ripartire la ruota, e questo ci porta al secondo aspetto, cioè la stabilità dei prezzi. Per ora la questione non è un problema, almeno per le Americhe, visto che il rischio ATTUALE della politica monetaria (tassi di interessi a zero) è piu verso la deflazione...


Ma il buon Bernanke deve stare attento a non lasciare la flebo troppo attaccata, se la Banca Centrale infatti eroga troppi prestiti, come è chiaro, si crea inflazione e si torna a weimair, senza passare dal via ritirare le 2000 lire. La Casa Bianca dice che il pil 2009 si contrarrà nei mesi seguenti più del previsto, scendendo del 2,8%, per poi segnare incrementi rispettivamente del 2% e del 3,8% nel 2010 e nel 2011. Tassi di crescita che non basteranno però a rilanciare il mercato del lavoro, che avrebbe bisogno di una spinta maggiore: nel prossimo anno e mezzo il tasso di disoccupazione raggiungerà per qualche tempo il picco del 10%, per chiudere il 2009 al 9,3% e il 2010 al 9,8%.


Friday, August 21, 2009

Obama il sovietico


Michael Moore ci ha insegnato che una delle cose che funziona meno nelle Americhe è il servizio sanitario, pubblico e pure quello privato. Il sistema attuale è per una grossa fetta in mano ai privati, chi è senza assicurazione, quindi, o paga in contanti quando arriva dal doc, oppure rimane fuori dall'ospedale. Seppur ci siano dei programmi assistenziali pubblici, questi sono ridotti all'osso, e indirizzati alla fascia anziana della popolazione (over 65, medicare) e alla fascia meno abbiente (o famiglie con bambini, medicaid). Il sistema, nel suo complesso, a livello di qualità, risulta il 37esimo in una scala mondiala, situazione aggravata dal fatto che il costo dei medicinali s riversa interamente sulla popolazione, essendo il servizio in mano ai privati, precludendo cosi le cure mediche a 40 milioni di americani.


Nel frattempo qualche mese fa hanno eletto il nuovo presidente, Obama tra le altre cose che vuole cambiare, ha messo in conto anche una modifica radicale all'attuale sistema sanitario. L'idea non è quella di avvicinarsi ad un modello Europeo, bensì di creare un sistema di copertura dei lavoratori e di fornire polizze più accessibili, gestite dallo stato o da un ente noprofit, in modo da abbattere i costi delle prestazioni sanitarie. Sebbene Moore abbia dimostrato come anche la fetta di popolazione assicurata subisca un trattamento sanitario pessimo, la scelta del neoeletto presidente potrebbe giovare a chi del servizio sanitario ora non può fruire, portando cosi gli strati sociali sullo stesso livello. La risposta dei Repubblicani non si è fatta attendere, le accuse sono tanto pesanti quanto ridicole, a livello teorico, in pratica potrebbero minare la carriera del signore sulle magliette. Il j'accuse è improntato sull'idea che il sistema di sanità pubblico è un incubo, molto simile alla Russia Sovietica.
A causa di queste argomentazioni Obama in questi giorni ha fatto dei passi indietro, che potrebbero minare il bagliore di progresso nella scena santaria statunitense. A mio avviso le pretese dei repubblicani sono assurde, eppure la stima e la credibilità di Obama, in questi giorni, sono in calo.
Il nostro sistema forse non è perfetto, ma in Europa c'è un ottima copertura di base, e gli stati si accollano gran parte dei costi delle medicine, il modello credo sia da esportare, senza preoccuparsi che i "russi possono arrivare, ogni ora!"

Friday, August 14, 2009

venerdi 10 - quinto giorno

Giornata finale, la più attesa parlando in termini di piazza e manifestazioni... Possiamo dire che nonostante il terrorismo dei giorni passati, le proteste si sono svolte in modo composto e pacifico? Si decisamente... Possiamo anche dire che è stato merito dei manifestanti, e soprattutto dei comitati cittadini, che hanno optato per una serie di iniziative, staccate dai cortei di protesta (protesta che è stata più rivolta al governo in sè, che al summit), che si sono svolte comunque in modo composto e pacifico. In tutta Italia ci sono stati movimenti e presidi, ma per la maggior parte limitati a manifestazioni di solidarietà per gli arrestati dei giorni passati.

Diciamo pure che nel bene e nel male le manifestazioni di questi giorni non sono nemmeno lontanamente paragonabili ai 3 giorni di genova 2001, speriamo che al calo degli episodi violenti, corrisponda in qualche modo un aumento della negoziazione vera, quella di dialogo e accordi tra fazioni di popoli e chi (autoeletto) prende le decisioni importanti.
Nel corso dei cinque giorni di summit (davvero?) sono poi stati approvti 7 documenti, la Dichiarazione G8 "Leadership responsabile per un futuro sostenibile" , la Dichiarazione G8 Contro il Terrorismo, Dichiarazione G8 de L’Aquila sulla Non Proliferazione, la Dichiarazione congiunta "Promuovere l’agenda globale", la Dichiarazione del Major Economies Forum sull’energia e il clima, la Dichiarazione G8-Africa "Un partenariato rafforzato G8-Africa su acqua e igiene di base" e la Dichiarazione congiunta sulla Sicurezza Alimentare Globale "L’Aquila Food Security Initiative"... Aspettando gli anni a venire per controllarne il rispetto, comincio a prendere nota del fatto che il programma alimentare mondiale, dimezzerà gli aiuti per il 2009 da 6,7 a 3,7 miliardi di dollari...

Anche gli accordi sull'ambiente appaiono mosci, sicuramente la riduzione di CO2 sarà (come è già stato almeno negli ultimi 2 anni) il motto dei nuovi industriali, ma Jeremy Rifkin, il presidente della Foundation on Economic Trends, ha definito ridicolo l'accordo raggiunto durante il summit, proprio sull'emissione di gas inquinanti. Le sue ragione le ha spiegate a Repubblica, e si basano per lo più sull'idea che sia impossibile far andare d'accordo la nostra società con un minimo (quello richiesto dall'accordo del summit) aumento dell'emissione di CO2... Le risposte concrete sono il risparmio energetico, ricorso ad energie alternative e tante altre idee da fricchettoni.
Diciamo che nel 2012 3/4 della popolazione mondiale scomparirà, e allora, forse, il problema verrà risolto.

Molti dubi mi appannano ancora la mente, non riesco tutt'oggi a capire l'utilità di un simle summit, e ho grosse perplessità per quanto riguarda la ricostruzione, spero solo che i mostri di cemento che prima dell'inverno il governo consegnerà ai terremotati, non servano come jolly per dimenticarsi la ricostruzione. E spero che questo summit sia servito a qualcuno.

Thursday, August 13, 2009

giovedi 9 - quarto giorno

Oggi il g8 diventa g14, e si comincia a parlare dello sviluppo dei c.d. paesi poveri. La prima notizia che apprendo è abbastanza positiva, a quanto pare il bel paese ha sottoscritto il manifesto per un economia mondiale più attenta ad equità e sostenibilità... I contenuti sono allettanti, in particolare dove si parla di acqua che deve essere "al riparo da speculazione finanziaria", in risposta, forse, alle recenti critiche rispetto alla privatizzazione di questo bene comune.
L'idea che si è (pare) sviluppata durante le discussioni, è di mettere a disposizione dei paesi "sottosviluppati" beni e servizi che servano a svilupparli sul serio, e non più, come è stato in passato, che si "limitino" a tamponare emorragie di emergenze umanitarie. Insomma invece che portare il pesce in Africa, finalmente si è giunti alla conclusione di portare le canne da pesca e insegnar loro a pescare... Cosi magari riescono a consumare i propri prodotti, prima che questi vadano a rimpinzare i magazzini dell'occidente. Il resto segue come da scaletta "in DISCUSSIONE sono la crisi economica e il rilancio della crescita, il rilancio del commercio internazionale, le politiche sociali, i cambiamenti climatici, lo sviluppo dei Paesi poveri e dell'Africa, la sicurezza alimentare e l'accesso all'acqua, la salute e la risoluzione delle crisi regionali".

La giornata comunque è stata scossa dalle risposte di Berlusconi alle accuse (che rincarano quelle del Daily) del NYT che dice: "debolezza politica di molti leader che vi partecipano, non lasciano spazio all’ottimismo", rinnovando il consiglio di lasciare la guida al presidente Obama (arroganti però...). Berlusconi, sull'onda perbenista che inficia la politica, sta sfruttando il G8 per risollevarsi dagli scandali che hanno appannato TG e stampa nei giorni passati. Di nuovo se il G8 sarà un disastro, sarà colpa dei black block (qualunque cosa vogliate che essi rappresentino, torneremo sull'argomento per fare chiarezza sul termine), se il summit andrà bene, sarà sciuramente merito degli orgaizzatori e del Presidente.

Dalla parte delle manifestazioni, continuano i presidi cominciati nei giorni passati. Dopo gli arresti preventivi e gli scontri dei primi giorni a Roma, non ci sono stati altri episodi di violenza e censura. Aspettiamo, con la preoccupazione inculcataci nei giorni passati, la giornata di domani.

Wednesday, July 8, 2009

mercoledi 8 - terzo giorno

Terzo giorno, o forse il primo, visto che oggi si è cominciato il teatrino all'Aquila. Commenti del guardian a parte, al di la del fatto che l'agenda sia piena o vuota, del fatto che il papa ha fatto esplicita richiesta di una "agenda della speranza", resta che questo summit è un pò un contenitore vuoto. Ad esser sinceri forse una passerella politica, oggi i grandi hanno fatto la loro sfilata nel centro città, passati sotto le rovine, ponteggi e arrivati davanti al palazzo del governo crollato. Su molti media si è parlato di queste passeggiate, piuttosto che dei discorsi fatto in grembo all'economia mondiale.


A sentire il presidente, oggi si è discusso di crisi (da cui da quel che ho capito ogniuno vuole uscire da sè, nel senso ogni stato si occuperà di come uscire dalla crisi, contando solo su sè stesso), di valori della nuova finanza e dei nuovi mercati, di ambiente (aspetto ceh andrà approfondito domani con l'arrivo delle delegazioni di altri 6 paesi) e di fame e salute mondiale.

Tre cose mi hanno fatto venire i brividi, sentire berlusconi parlare di etica, sentire la frase "che ho avuto l'onore di presiedere nel 2001" (riferito al summit di genova) e il cattivo accostamento tendopoli vs. appartamenti degli otto grandi (un servizio in particolare sugli asciugamani cifrati e i vari vestiti personalizzati con cui sono stati omaggiati i potenti, nonchè lo spreco di denaro investito in macchinette elettriche che accompagnano i potenti in giro per la cittadella del summit... a 100 mt la gente in tenda piange, una signora parla di 17 morti dal freddo, anche se non ho trovato conferme da altre fonti).

Passando agli antagonisti, questo gruppo ha inscenato oggi la prima protesta sulle colline abruzzesi, con l'enorme scritta, già protagonista di contestazioni "yes we camp". questi quattro ragazzotti hanno organizzato un campo tutto loro, autogestito, di tende e, udite udite, una CASETTA IN LEGNO (cost intorno ai 2 mila euro), struttura che potrebbe risolvere molte delle situazioni spiacevoli che si stanno creando nei campi tenda dislocati tra entroterra e costa... Protesta che ha pure avuto un certo riscontro nella piazza d'armi dell'aquila, dove obama è stato accolto da un piccolo corteo, brandente sempre lo striscion "yes we camp". La situazione per gli aquilani non è cambiata di molto, stranamente... la cosa sembra mervigliare una giornalista, che apre un servizio dicendo "gli aquilani vivono questo g8 con un senso di disagio e indifferenza"... mavva? emblematiche le parole di un manifestante "Il nostro futuro lo vogliamo decidere noi. Vogliamo rimboccarci le maniche, ce le siamo rimboccate, ma ci stanno mettendo i bastoni fra le ruote...siamo una popolazione che non chiede l'elemosina", per spiegare come a livello economico la regione rimanga comunque tagliata fuori... Invece che versare ferrari ai potenti, perchè non si usano le aziende locali? utopia inserire il manifatturiero abruzzese nella distribuzione di omaggi ai potenti?... l'economia deve ripartire si, ma dal locale.

Altre contestazioni si sono svolte a roma, milano, napoli, genova e torino, in maggior parte per solidarietà verso gli arresti preventivi e sul campo, compiuti nei giorni passati su ordine della digos di torino.

Berlusconi continua a vantare una grossa confidenza raggiunta con i rappresentati degli altri 7 paesi, mentre il financial times ironizza sull'integrità del premier, il guardian rincara la dose, il presidente dice che si è in cosi buoni rapporti da poter "alzare il telefono e risolvere il problema dandosi del tu"... ma daje fatelo, e lasciate payette e lustrini nell'armadio.


Tuesday, July 7, 2009

martedi 7 - secondo giorno

Aspettando i giornali di domani, ho fatto un giro nel web, il clima non si è affatto calmato.

Chiaro che sarebbe bello un bel po avere qualcuno che ci parla dalla piazza, anche perchè di quello che si trova sul web, mica c'è sempre da fidarsi... ma purtroppo giando è in rwanda :).



Ad ogni modo a parte gli scontri di piazza, l'unico fatto rilevante in realtà è stato lo scontro in stazione a roma, e alcuni fermi in seguito ad un corteo partito da roma3. il corteo di "accoglimento" invece è stato abbastanza tranquillo a quanto pare... Poi bhe arrivano notizia di furgoncini pieni di armi, fermi di personaggi pericoli etc... quando sia vero di questo, ripeto, non so.

Quello invce che sicuramente è successo, è questo articolo del "the guardian", un piccolo (mha) giornale londinese, che accusa il nostro governo di aver organizzato in modo "troppo caotico" il summit, e che gli alti personaggi inglesi, vogliono l'italia fuori dall'elitè dei grandi... che la cronaca sia vera o meno, lo scopriremo nei gorni a venire, diciamo che stando all'articolo, il posto dell'italia è minacciato dalla spagna che ha "un maggior reddito pro capite". Gowan non va molto per il sottile... "siccome gli italiani non avevano alcun contenuto da proporre, hanno deciso che la cosa migliore da fare era allargare l'agenda il più possibile tanto da oscurare il fatto che l'agenda non ci fosse proprio". Che il summit si potesse fare davanti ad una webcam ci avevamo pensato, ma queste sono accuse dirette all'organizzazione ITALIANA... impressione data forse dalle parole del governo, che ad inizio anno avrebbe "accettato volentieri suggerimenti dalla dellegazione americana". A leggere questo articolo sembra che non ci sia alcun ODG, salvo quelli stabiliti dalle "sherpa calls" di obama, che, sentiti gli esperti, ha deciso di mettersi in proprio, e pensare a tutto lui.

parlate inglese?


"Preparations for Wednesday's G8 summit in the Italian mountain town of L'Aquila have been so chaotic there is growing pressure from other member states to have Italy expelled from the group, according to senior western officials.
In the last few weeks before the summit, and in the absence of any substantive initiatives on the agenda, the US has taken control. Washington has organised "sherpa calls" (conference calls among senior officials) in a last-ditch bid to inject purpose into the meeting.
"For another country to organise the sherpa calls is just unprecedented. It's a nuclear option," said one senior G8 member state official. "The Italians have been just awful. There have been no processes and no planning."
"The G8 is a club, and clubs have membership dues. Italy has not been paying them," said a European official involved in the summit preparations.
The behind-the-scenes grumbling has gone as far as suggestions that Italy could be pushed out of the G8 or any successor group. One possibility being floated in European capitals is that Spain, which has higher per capita national income and gives a greater percentage of GDP in aid, would take Italy's place.
The Italian foreign ministry did not reply yesterday to a request to comment on the criticisms.
"The Italian preparations for the summit have been chaotic from start to finish," said Richard Gowan, an analyst at the Centre for International Co-operation at New York University.
"The Italians were saying as long ago as January this year that they did not have a vision of the summit, and if the Obama administration had any ideas they would take instruction from the Americans."
The US-led talks led to agreement on a food security initiative a few days before the L'Aquila meeting, the overall size of which is still being negotiated. Gordon Brown has said Britain would contribute £1.1bn to the scheme, designed to support farmers in developing countries.
However, officials who have seen the rest of the draft joint statement say there is very little new in it. Critics say Italy's Berlusconi government has made up for the lack of substance by increasing the size of the guest list. Estimates of the numbers of heads of state coming to L'Aquila range from 39 to 44.
"This is a gigantic fudge," Gowan said. "The Italians have no ideas and have decided that best thing to do is to spread the agenda extremely thinly to obscure the fact that didn't really have an agenda."
Silvio Berlusconi has come in for harsh criticism for delivering only 3% of development aid promises made four years ago, and for planning cuts of more than 50% in Italy's overseas aid budget.
Meanwhile, media coverage in the run-up to the meeting has been dominated by Berlusconi's parties with young women, and then the wisdom of holding a summit in a region experiencing seismic aftershocks three months after a devastating earthquake as a gesture of solidarity with the local population.
The heavy criticism of Italy comes at a time when the future of the G8 as a forum for addressing the world's problems is very much in question. At the beginning of the year the G20 group, which included emerging economies, was seen as a possible replacement, but the G20 London summit in April convinced US officials it was too unwieldy a vehicle.
The most likely replacement for the G8 is likely to be between 13- and 16-strong, including rising powers such as China, India, Brazil, Mexico and South Africa, which currently attend meetings as the "outreach five" But any transition would be painful as countries jostle for a seat. Italy's removal is seen in a possibility but Spanish membership in its place is unlikely. The US and the emerging economies believe the existing group is too Euro-centric already, and would prefer consolidated EU representation. That is seen as unlikely. No European state wants to give up their place at the table."

Dopo due giorni, 66 persone fermate, di cui la metà "preventivamente", gli altri sul campo. Accuse di incocnludenza (si dice?).
Domani comincia il summit vero e proprio, obama potrà finalmente provare il suo nuovo campo da basket, e i grandi, nessuno escluso, indosserrano i vestiti nuovi, fatti apposta per loro . Chissà se la "Bellstaff" ha uno stabilimento in abruzzo... Chissà.

lunedi 6 luglio - primo giorno

INDYMEDIA ha già fatto un bel report (seppur ovviamente politicizzato) su quello che è successo ieri, all'inizio di quella che dovrebbe essere a settimana di contestazioni per il g8 2009, che a conti fatti si tiene all'Aquila, dove i grandi che pretendono di rappresentare l'economia mondiale discuteranno ti piani già fatti e già scritti.

Ponendomi la ridondante domanda di quanto sia efficinete un raduno da tappeto rosso, rispetto ad una video conferenza, elenco un pò i fatti che credo rilevanti, rilevati stamattina aprendo la repubblica e leggendo qualche blog...

Vista l'assenza di cortei, escludendo la fiaccolata a cavallo tra domenica e lunedi, il fatto che più risalta sono i 12 arresti preventivi per evitare l' organizzazione paramilitare dei "black bloc dell'onda"... per intenderci quelli che a torino avevano manifestato durante il summit per l'università. Quelli a cui erano stati lanciati lacrimogeni dagli elicotteri. Ecco loro.
Le reazioni degli studenti sono state abbastanza immediato con occupazione dei rettorati a milano a pisa e a roma, dove ancora la torre d'avorio della sapienza, rimane in mano ai rivoltosi. venezia, torino e bologna pure manifestano dissenso.

Ora possiamo con calma analizzare la situazione ec(qu)onomica della scena abruzzese, lasciando da parte quelle che potrebbero essere le solite proteste di anarco-insurrezionalista o di disobbedienti "per forza"... il cavallo di battaglia della pessima gestione finanziara ed economica che si sta sostenendo all'Aquila sono questi due personaggi, che probabilmente un vestito nero e una molotov non l'hanno mai presa in mano, ma sembrano abbastanza preoccupati per il futuro della loro produttività, vista la gestione goffa delle risorse in terra abruzzese. Passando dalla militarizzazione delle zone, dovuta appunto all'arrivo degli 8 grandi (che ha portato via 500 ml per la ricostruzione, e spazio, quello della scuola dei finanzini, per l'organizzazione della ricostruzione), alla gestione della ricostruzione vera e propria, vediamo come sia stato molto affidato a compagnie esterne al territorio centro-italiano, e come si sia preferito avere aiuti gratuiti dal nord/sud italia, piuttosto che creare dei cartelli in loco per riavviare l'economia locale.
Diciamo pure che di scelta poco efficiente si può parlare, ricordando gli sforzi fatti alla Maddalena andare in fumo, per concentrare l'attenzione internazionale sulle zone colpite dal sisma, e prtare più consapevolezza nel mondo della devastazione che ha colpito l'Aquila. Forse però non siamo più nel 1966, e internet e i giornali hanno già fatto il loro lavoro, quello che si è visto da 3 mesi a questa parte non è stato proprioo un risollevamento dell'economia locale o una ricostruzione efficace. Ma per non essere troppo impulsivo aspetto a dare giudizi, certe manifestazioni di dissenso sono forse ingiustificate, e la scelta di spostare il summit, risulterà a conti fatti (ottobre?), una buona scelta. o forse no.

A domani.

Saturday, May 9, 2009

Occhi aperti sull'expo

Da parecchio ormai si sa che mafia e ‘ndragheta le abbiamo pure al nord.
Il pericolo mafioso non è correttamente percepito e controllato: nel nord Italia si pensa molto di più ai rom, alla crisi e al prezzo delle mele.
Il fatto che non ci si spari per strada (che tra l’altro non è del tutto vero) lascia tutti gli elettori con il cuore in pace.
Gomorra è specchio di una realtà del sud. Impastato stava a Cinisi e Falcone e Borsellino sono legati solo a Palermo.

Nel 2015 a Milano sbarca l’expo, e le cosche hanno pensato bene di accoglierlo a braccia aperte, spalleggiate dalla crisi, che scaccia rimorsi di coscienza e favorisce la connivenza degli imprenditori.

L’imprenditore si trova allora stretto tra le violenze della mafia calabrese e il fallimento della propria attività: il passo per diventare i prestanome di qualche boss della Brianza è molto breve.

Dopo aver dato sfoggia di sé a Buccinasco, Corsico e Cesano Boscone, la ‘ndrangheta è pronta a fare il colpo grosso con i ghiotti appalti della Milano 2015. E dopo problemi legati all’assegnazione delle poltrone nel CDA dell’Expo e delle fisime morali di cancellare l’expo per aiutare la ricostruzione dell’Abruzzo, il primo cittadino Moratti si trova a dover fronteggiare l’imprenditoria mafiosa.

Il 6 marzo scorso il Consiglio Comunale di Milano ha votato l'istituzione di una "Commissione d'inchiesta sugli interessi mafiosi attivi nel territorio milanese", dopo che appena nel 2008 la richiesta di una simile commissione era stata assurdamente respinta. La commissione purtroppo non è stata istituita ad hoc per l’expo e si troverà quindi a dover fare i conti prima con spaccio, riciclo di denaro e teste di cavallo mozzate e soltanto poi potrà occuparsi delle colate di cemento che potrebbero portare grossi introiti alla malavita organizzata.

La DDA (Direzione Distrettuale Antimafia) ha redatto un rapporto in cui spiega come la mafia abbia spartito e trattato i propri interessi ancora prima che i lavori per l’expo avessero inizio: Varese Como e tutta la Brianza hanno fatto da moltiplicatori di interessi. Adesso le varie famiglie si trovano già a dover regolare i conti al loro interno: bruciano ruspe e gru, e a soddisfare richieste di imprenditori esasperati, che poverini chiedono che si “spacchi la testa ai capi sindacalisti”.

I problemi adesso sono essenzialmente due.

Il primo riguarda l’atteggiamento generalizzato della tolleranza delle mafie. Aver fatto l’abitudine a certe infiltrazioni che proprio perché non portano (sempre) il morto per strada si tende ad accettare e a dare per necessarie in determinati ambienti, dal quartiere di periferia fino alla realtà degli appalti.

Il secondo è il sottovalutare il problema mafia: nonostante l’istituzione della suddetta commissione, il comune ha preso la cosa un po’ troppo alla leggera, pensando di affidare il problema alla sola magistratura, della cui indipendenza mi sento ormai di dubitare. A questo proposito il procuratore aggiunto di Palermo, Anontonio Ingoria, ha proprio parlato di sottovalutazione e convivenza, per un aspetto, quello delle infiltrazioni mafiose, che gli amministratori del nord non sono abituati a gestire.

Del resto anche De Magistris (ex pm, candidato alle elezioni europee 2009 per Idv) ci ricorda che la criminalità organizzata sta perfezionando le proprie tecniche di investimento immobiliare. Al contempo lo stato e le istituzioni fanno un po’ il passo del gambero: da un lato facendo buoni interventi, per contrastare la criminalità organizzata, dall’altro volgendo lo sguardo altrove, ignorando i segnali più preoccupanti.

Daje regè occhi aperti!



Lorenzo Piatti


Thursday, March 19, 2009

Tutte le ombre sulla crisi

La crisi finanziaria a cui stiamo assistendo con stupore e con crescente apprensione da qualche mese a questa parte era annunciata da diversi segnali (inascoltati) di cedimento e di tracollo ha reso evidente le inadeguate modalità di regolazione dei mercati che si sono dimostrate inefficaci nonché bisognevoli di profonde riforme. Capire quali sono le sue conseguenze ed elaborare un modello di mercato maggiormente regolato che estirpi alla radice i fenomeni sott’accusa della finanza moderna è un processo complesso. Per affrontare un tema così delicato e sviluppare alcuni punti critici di queste dinamiche ci siamo fatti aiutare da un esperto, Andrea Di Stefano, direttore del mensile di economia e finanza etica "Valori", redattore di “Affari e Finanza” e collaboratore di Radio Popolare come interlocutore nelle materie economiche.

La maggior parte dei media, occupandosi della crisi finanziaria, ha focalizzato la propria attenzione sulla bancarotta di grandi banche, su bilanci in perdita e su licenziamenti eccellenti. In pochi, invece, si sono chiesti chi ci ha perso veramente e quali categorie, all’interno della società, pagheranno il prezzo più alto di questa pesantissima crisi.

A pagare saranno innanzitutto i contribuenti americani dato che, per come si sta prospettando il piano di salvataggio, sarà un’operazione a carico delle finanze pubbliche con un incremento del debito americano e un costo complessivo che è stato stimato attorno ai 2.800 dollari per ciascun cittadino statunitense.
Restando negli Stati Uniti bisogna inoltre considerare alcuni milioni di persone (si parla di 5 milioni con margini in aumento) che erano cadute nell’offerta volutamente sbagliata e fuorviante dal punto di vista informativo della facilità del mutuo e che adesso hanno perso la speranze di avere una casa di proprietà.
Pagano i lavoratori perché questa crisi provoca la perdita di posti di lavoro a partire dal settore della finanza: a parte i grandi manager e i grandi broker si calcola un mezzo milione di posti persi nell’industria finanziaria a livello globale.
Accanto a questo numero, tuttavia, si potrebbero aggiungere le conseguenze di una dinamica difficilmente controllabile e che potrebbe coinvolgere le grandi industrie automobilistiche per tutte le modalità di vendita che hanno adottato negli ultimi 15 anni con un forte profilo finanziario, nonché il settore delle carte di credito che, come è noto, è considerato uno di quelli più a rischio.
Oltre a questi che sono i soggetti più direttamente colpiti non bisogna dimenticare gli effetti indotti della crisi e il meccanismo recessivo da essa innescato (che di per se non trova radici in particolari ragioni strutturali tali da determinare degli effetti così dirompenti): perdita di posti di lavoro ulteriori, un tasso di disoccupazione che negli Stati Uniti è al picco e un contagio della crisi verso una parte dell'Europa. Sicuramente l’Inghilterra che è l’altra faccia della medaglia del modello e dell’industria finanziaria anglosassone e che è stata oggi detronizzata dopo i successi del boom iniziato con la deregulation di fine anni ’80 caratterizzata dal proliferare incontrollato di prodotti finanziari, spesso così astrusi, complessi e ingegnerizzati da risultare incomprensibili agli stessi operatori di finanza. Non bisogna poi dimenticare la Spagna, che più di altri aveva sposato il modello di crescita basato sul boom immobiliare: forse lo stesso sorpasso sull’Italia di cui molto si è parlato negli ultimi mesi non è altro che una bolla che sgonfiandosi rischia di fare grossi danni per l’economia
Brutte sorprese si preannunciano, in prospettiva, per il sistema dei fondi pensione: essendo stata trasferita una consistente quota di risparmio dei singoli dalle pensioni pubbliche a quelle private con l’obbiettivo di destinarle ai mercati finanziari, se questi crollano in molti portafogli di fondi pensionistici si registreranno perdite considerevoli.

A fronte di una crisi così ingente quali sono stati gli interventi messi in atto dai governi e dalle banche centrali? Sono adeguati?

Quasi tutti sostengono che probabilmente non c’era alternativa al piano messo a punto da Paulson per il salvataggio. Questa però è una falsa risposta: dalla crisi dei sub-prime a oggi sono infatti passati 13 mesi ed era evidente da subito che i “5 dei di Wall Street” fossero in difficoltà. Emerge in questo lasso di tempo la mancanza del ruolo del regolatore: come sempre accade in finanza rapidità, chiarezza e incisività degli interventi sono fondamentali. Trascinare la crisi per 13 mesi è stata una pessima scelta, gli interventi fatti finora non sono stati incisivi, sono stati tutti provvedimenti-tampone. Gli unici interventi reali li ha fatti la BCE quando ha alzato al 12% lo sconto sui prodotti più esposti obbligando il sistema ad alzare i livelli di protezione e di garanzia.
Le dimensioni della crisi sono talmente rilevanti e il buco di bilancio così notevole che nemmeno l’opzione di uscire dalla crisi con il solito conflitto sembra percorribile: sembra piuttosto delinearsi come un evento epocale che ridistribuisce le logiche di potere sottraendo definitivamente agli Stati Uniti l’egemonia sul mercato finanziario.

Alla luce degli errori compiuti finora e in prospettiva futura quali sarebbero delle strategie più idonee ad evitare crisi di questo tenore?

Guardando al passato, alle prime avvisaglie della crisi si sarebbe dovuta costituire un’autorità internazionale e sovranazionale di regolazione dei mercati con poteri di regolazione, obblighi di trasparenza molto forti e con la possibilità di mettere a punto piani di intervento per riportare progressivamente sotto controllo i mercati non controllati.
Per esempio sui mercati OTC (over the counter), che non si possono bloccare improvvisamente poiché le dimensioni di quei mercati sono ormai enormi, si poteva ipotizzare l'istituzione di uno staff di emergenza che nell'arco di qualche mese avrebbe dettato nuove regole di trasparenza sul mercato degli OTC e lo stesso vale per quello dei derivati o delle opzioni.
Altri interventi come quello di pochi giorni fa della SEC che stabilisce dall’oggi al domani il divieto di short selling per 4 mesi su più di 450 titoli di Wall Street suonano incoerenti con il permissivismo in tema di short selling e di hedge fund, strumenti da anni oggetto di critiche mai accolte. Un intervento concertato di banche centrali e delle autorità di regolazione che coordinino una strategia di intervento per riportare sotto controllo i mercati entrati in crisi sembra pertanto più auspicabile.
Dal punto di vista politico e in prospettiva futura si possono rivendicare alcune misure per combattere la speculazione: gli evidenti rincari sulle commodities dimostrano come sia indispensabile stroncare parte della speculazione sui mercati delle opzioni sulle materie prime. Se prendiamo il petrolio, ad esempio, non ci sono ragioni oggettive di mercato che determinano fluttuazioni così accentuate del prezzo al barile: uno strumento efficace verso questi comportamenti è sicuramente la leva fiscale, non tanto per ottenere risorse aggiuntive quanto per portare in evidenza e in trasparenza il comportamento degli operatori e le dimensioni reali delle speculazioni.
Si potrebbe poi operare nel senso di maggior trasparenza, non per vietare ma per imporre la dichiarazione di alcune operazioni sul mercato, come potrebbe essere l’obbligo per gli OTC di rendere meno oscuri i termini dei contratti dal momento che nemmeno gli organi internazionali sanno cosa avvenga in questi tipi di mercati. Ancora, l’obbligo di avere informazioni sulla solidità della controparte e l’innalzamento dei limiti di garanzia
Da ultimo, considerando il mercato dei derivati e delle opzioni, non è tanto da condannare la sua funzione che di per sé non è malata ed anzi ha una sua logica. Il problema si pone quando quest’ultima viene abbandonata e l’unica filosofia è fare prodotti solo per creare movimentazioni finanziarie e una ulteriore voce di guadagni per chi opera in quel settore. Anche in questo caso sarebbero auspicabile un innalzamento dei limiti di garanzia per gli operatori in funzione del capitale versato.

Giandomenico Potestio

Il cantuccio dello Stato

Gli uomini non prevedono il futuro (e men che meno gli economisti)
La crisi tanto temuta è arrivata, e nessuno sa bene quando finirà. Stanno accadendo cose impensabili: uno dopo l’altro si sfornano piani strutturali di intervento pubblico nell’economia americana. Parliamo del tesoro USA, non del Politburo sovietico! Siamo ad una svolta epocale?
Tanto per cominciare, questa non sarà né la prima né l’ultima crisi del sistema capitalista. Il nostro attuale sistema economico non è certo perfetto; ma funziona incredibilmente meglio di ogni alternativa (Feudalesimo? Collettivismo?). La storia ci indica che lo sviluppo economico negli ultimi due secoli è stato prodigioso in termini assoluti. Il PIL pro capite mondiale era,nel 1998, l’850 % di quello del 1820; dal mitico anno Mille al 1820, il Pil mondiale era cresciuto solo del 50%. Il guaio del capitalismo è che comporta, durante il suo sviluppo, “strappi”: arricchimento vorticoso di alcuni e impoverimento di altri, battute d’arresto o fughe in avanti, espansioni a macchia di leopardo. Periodicamente, attraversa crisi drammatiche. Perché? Beh, nessuno lo sa con precisione. Alla base di tutto, c’è il fatto che gli uomini non sono macchine: sbagliano, soprattutto a prevedere il futuro (interessante Luca 12,16-21). Magari le scelte sbagliate sono inconsapevoli: si investe in settori che sembrano offrire ottime possibilità di profitto (immobiliare? finanziario?), sicuri di poterne uscire un istante prima che la bolla scoppi. Alcuni lo fanno di proposito, sapendo benissimo i rischi che corrono; e sono affari loro. Altri lo fanno senza capirlo, o senza volerlo (Argentina, Parmalat, Lehman Brothers vi dicono qualcosa..?). Una parte di questi errori è fisiologica: in ogni attività imprenditoriale c’è un margine di rischio a fronte di un possibile profitto. Se l’economia cresce molto, si “surriscalda”: è naturale che abbia crisi congiunturali, dalle quali escono le imprese più innovative. Magari, si tratta di settori che vengono giustamente ridimensionati. Altri errori, al contrario, sono evitabili. Come? Ritiriamo lo Stato fuori dal cantuccio in cui l’avevamo spedito frettolosamente! Lo Stato ha tre compiti cruciali. Prima di tutto, dare regole ai mercati (e sincerarsi che qualcuno le rispetti): tra le altre cose, assicurare la trasparenza e diminuire le asimmetrie informative, limitando i meccanismi speculativi di cui parlavamo un attimo fa. Ovviamente, chi regola deve essere il più indipendente possibile da chi è regolato. Secondo, deve fornire una quantità di moneta che sia adeguata alla congiuntura economica, facendo attenzione all’eccesso di investimenti (e all’inflazione, ma è un’altra storia). Terzo, deve predisporre quegli ammortizzatori sociali che permettano alle categorie sociali colpite dalla crisi di non sprofondare. Attenzione: significa erogare un sussidio di disoccupazione, non mantenere con denaro pubblico un’azienda inefficiente per salvare i posti di lavoro. E significa dare a tutti i meritevoli la possibilità di emergere: le classi dirigenti ingessate e chiuse, sicure di mantenere per sempre il loro status, saranno probabilmente mediocri. A ben vedere, alla base della crisi attuale ci sono mancanze proprio in queste direzioni: la debolezza delle autorità di vigilanza e le connivenze tra politica e sistema finanziario hanno reso intoccabile l'esplosivo sistema delle garanzie pubbliche agli istituti erogatori di mutui; l'espansione monetaria esuberante dell'era di Alan Greenspan alla FED; i timori per l’impatto dei crack su una società con ammortizzatori sociali abbastanza deboli. Lo stato allora può intervenire, magari anche nazionalizzando banche o assicurazioni; l’importante è che non si metta a fare l’imprenditore in pianta stabile. Lo stato non deve mettersi a produrre panettoni o pomodori, come in Italia ai tempi dell’IRI; gli effetti sulle finanze pubbliche sono stati quasi sempre deleteri. Deve regolare i mercati, con una speciale attenzione per i fattori produttivi: lavoro e capitale (il mercato del capitale, per inciso, è la finanza: e può diventare cattivissimo…se non regolato). Non deve recitare, ma preparare la rappresentazione: abbandonando gli attori al lancio delle uova, oppure all’applauso più fragoroso.

Alberto Ricci
alberto.ricci@studbocconi.it

Crisi della Razionalità Speculativa, L'autunno della Finanza

“Dall'inganno superficiale l'uomo passa all'inganno interiore. Ad ogni nuova crisi, però, diviene sempre più intensamente conscio di un mutamento che non è un mutamento, ma piuttosto l'intensificazione di qualcosa profondamente celato dentro di lui.”
In queste parole del romanziere statunitense Henry Miller va ricercato il senso della crisi: essa è qualcosa di profondamente connaturato all'essere umano. Infatti, il nostro essere comincia soltanto nel punto in cui l'esistenza stessa vine posta in pericolo; nel momento in cui si delinea la crisi. Per meglio chiarire questo concetto, cercherò di mostrare il ruolo della crisi in un ambito che tutti conosciamo intimamente, per poi passare all'ambito economico.
Nel momento in cui diciamo “io sono”, ci affermiamo nell'essere in quanto discontinuità rispetto ad esso. Ciascuno di noi è perché ha coscienza di sé; può, cioè, distinguere se stesso da tutto il resto, da tutto ciò che è altro. La parola, il logos, ci permette di affermare questa distinzione; ci permette di uscire da un'indistinta continuità contrapponendosi ad essa. La ragione emerge dalla non-ragione, la razionalità dall'irrazionale. La razionalità contraddistingue dunque l'essere umano. Ma l'uomo non è solo ragione: egli ama, si appassiona, si commuove. Queste componenti dell'uomo non sono semplicemente irrazionali, al pari delle pulsioni animali, poiché esse tendono alla non-razionalità partendo dalla ragione; potremmo dire che vanno oltre la ragione, che la oltrepassano. L'essere umano è quindi un essere eterogeneo, dotato di una componente razionale e di un'altra oltre-razionale. Ma cosa accade se l'uomo dimentica la sua natura eterogenea, credendo di essere pura razionalità? Questa dimenticanza vige in una certa interpretazione delle parole di Cartesio e nelle correnti che su questa si fondano. “Cogito ergo sum”: se essere è cogitare, cosa ne è di tutto ciò che è oltre il pensiero, nonché della sua stessa origine? La ragione, in sé, è mero calcolo. Essa ha senso solo se orientata ad un fine che la trascende e che si trova nell'eterogeneità dell'essenza umana. L'uomo usa la ragione per agire sul mondo, con il fine di realizzarsi, di realizzare il proprio essere. Nel momento in cui si chiude su se stessa, senza guardare al fine trascendente a cui tende l'uomo, la ragione diventa sterile.
E' qui, quando la natura dell'uomo viene obliata, che entra in gioco la crisi. La crisi è crisi della ragione; essa pone davanti alla razionalità il vuoto di senso. La crisi è la violenza di un inevitabile ritorno all'origine e, per questo, spaventa ma al contempo attrae. Come un buco nero attira a se, per distruggerla, la struttura razionale che, dimenticando le sue fondamenta, si era ridotta a pura speculazione.
Parallelamente, in ambito economico, possiamo parlare del passaggio dal ciclo merce-denaro-merce [M-D-M] alla logica denaro-merce-denaro [D-M-D']. Nel caso M-D-M la moneta e la merce si trovano su due piani distinti. La moneta è la misura che mantiene in equilibrio lo scambio. Il mercante usa la moneta per scambiare, ma il suo fine non è lo scambio in sé. Il fine di questo tipo di scambio è il consumo, consumo volto a soddisfare la duplice natura dell'uomo: produzione di cibo per mangiare, costruzione di chiese per pregare e di stadi per giocare, di biblioteche per studiare e di infrastrutture per comunicare, di teatri per recitare e così via. L'accumulazione è un mezzo per accedere alla libera funzione del consumo, sia produttivo che, in ultima istanza, improduttivo.
Nella logica D-M-D' la moneta perde la sua natura trascendente e diviene una merce fra le merci. Nella logica capitalistica il denaro viene utilizzato per acquistare delle merci le quali, dopo essere state organizzate, combinate, trasformate e rivendute devono portare ad una quantità di denaro maggiore di quella iniziale (D'>D). A questo punto il ciclo non può che ricominciare da capo: la merce/denaro D' verrà scambiata per poter arrivare ad un D''>D' e così via, in un ciclo senza fine. Si potrebbe obiettare che non tutti i profitti devono essere necessariamente reinvestiti; parte di essi potrebbe essere liberamente consumato, nel senso inteso sopra. Così effettivamente accade quando non vale la disequazione D'>D in modo sistematico. Se, tuttavia, essa vale sistematicamente, ciò significa che il consumo non è libero ma, piuttosto, ancorato ad una logica che vuole la continua accumulazione attraverso la perdurante implementazione di se stessa. Ancora una volta, la logica dimentica la sua origine e perde il senso divenendo sterile; diviene finanza puramente speculativa.
Qui inizia quello che lo storico Fernand Braudel chiama “l'autunno della finanza”. Autunno perché si affaccia sul baratro del gelido buco nero che è la crisi. La struttura speculativa finanziaria mostra la sua estrema fragilità di fronte al vuoto di senso della crisi, e viene polverizzata in un istante dalla violenza che la riconduce nel profondo nulla da cui è sorta.
Da questa breve riflessione possiamo trarre alcune semplici conclusioni. Innanzi tutto, la crisi è l'effetto di un movimento di ritorno all'origine. Fa parte della natura dell'essere, dell'uomo. Tuttavia, essa si manifesta solo nel momento in cui viene persa la misura, nel momento di smarrimento esistenziale. Se questa misura viene mantenuta e, con essa, anche la consapevolezza della natura eterogenea dell'essere, è possibile mantenere un equilibrio stabile. Il movimento di ritorno all'origine viene, in questo caso, istituzionalizzato e può svolgersi all'interno del ciclo naturale di nascita-vita-morte, senza crisi ne vuoti di senso. Ma cosa significa, concretamente, il mantenimento di questo equilibrio?
Sul piano della nostra esperienza interiore significa non oblio dell'eterogeneità, quindi consapevolezza della duplice natura dell'uomo, razionale e trascendente. Sul piano economico, significa salvaguardia delle istituzioni che hanno il compito di mantenere stabile la moneta, riconoscendole il ruolo di misura trascendente, e di regolare lo scambio. Sul piano politico, significa attenzione alle dinamiche di formazione dell'opinione pubblica e controllo, da parte di questa, sulle istituzioni cardine della democrazia.
Sul piano culturale che, a mio avviso, è quello da cui derivano anche le tre dimensioni precedenti, mantenere l'equilibrio significa controllo vigile delle istituzioni di produzione, riproduzione e distribuzione simbolica del sapere.

Dario Pagnoni
d.pagnoni@hotmail.com

Crisis for dummies - breviario della crisi

“Crisis For Dummies”
breviario della crisi, intervista a Fausto Panunzi


Fausto Panunzi: Ha conseguito il PhD presso il Massachusetts Institute of Technology. Attualmente insegna Economia Politica presso l'Università Bocconi. In precedenza ha insegnato presso l'Università di Bologna, l'Università di Pavia, Lecturer all´University College London, Research Fellow presso IDEI (Toulouse ) e IGIER. Le sue aree di interesse scientifico sono la Teoria dell'impresa, finanza d'impresa e Teoria dei contratti. E’ redattore de “ la voce.info” (www.lavoce.info).

Milano 30 settembre

Qual è la definizione di crisi finanziaria?
Non ce n’è una univoca. In genere una crisi avviene quando un buon numero d’istituti finanziari (banche commerciali o d’investimenti) subiscono gravi perdite, uno shock sull’attivo. Nel nostro caso le perdite sui mutui immobiliari. A questo punto entra in gioco un’altra caratteristica essenziale delle banche: esse funzionano con poco capitale proprio e un elevato indebitamento a breve. Anche perdite limitate quindi possono renderle insolventi. Per ripagare il debito, gli istituti si troveranno di fronte a due strade: ricapitalizzarsi o vendere i propri asset. Ma la mancanza di fiducia e l’affollamento degli asset sul mercato possono rendere impossibile percorrere queste due strade, portando verso il fallimento. Il fallimento di una banca di per sé non è un problema, ma quando lo shock investe gran parte del sistema bancario, come è accaduto in queste settimane, siamo di fronte ad una vera e propria crisi finanziaria.

Breve cronaca della crisi
Prologo: marzo 2008 Bear Stearns, (una delle cinque investment bank americane: Lehman Brothers, Merrill Linch, Goldman Sachs, Morgan Stanley), viene salvata dalla Federal Reserve e Jp Morgan. Primo segnale d’allarme. Passano sei mesi di calma apparente fino a che la bolla finanziaria crolla seminando il panico nei mercati. Il 7 settembre Fannie Mae e Freddie Mac (enti semipubblici che garantivano liquidità al mercato dei mutui cartolarizzati) vengono nazionalizzati e rifinanziati. Ma la diga scricchiola. Aumenta il panico sui mercati. Tra il 13 e il 14 settembre Lehman Brothers viene fatta fallire e Merrill Linch viene sposata a Bank Of America. Il 16 il colosso delle assicurazioni AIG (grosso quanto Generali, Allianz e Axa messe insieme) viene salvato da un ponte prestito del Tesoro di 85 Miliardi. E’ chiaro che non basta più tappare i buchi: bisogna rifare la diga.
Il 19 settembre viene annunciato il piano Paulson: 700 miliardi di dollari dai contribuenti per ripulire il mercato dai prodotti tossici. Euforia sui mercati. Ma il 29 settembre il Congresso ( che è in scadenza di mandato e si prepara all’appuntamento elettorale di novembre) boccia il piano Paulson. Si attendono novità nei prossimi giorni.

Quali sono i motivi ( o le colpe) che hanno portato alla crisi?
Il motivo principale è la cosiddetta bolla immobiliare, che attraverso il meccanismo dei subprime (mutui ad alto rischio a platee molto vaste, aventi per garanzia il valore delle case) e della cartolarizzazione (l’immissione di tali mutui nel mercato finanziario) ha riempito il mercato dei derivati di prodotti “tossici”. La combinazione dell’aumento dei tassi di interesse e quindi delle rate dei mutui e la crisi del mercato immobiliare ha portato al default i mutui più rischiosi, facendo crollare anche il valore dei prodotti che era basati su di essi.
Ci sono alcune responsabilità, ad esempio la politica di Bush e del Congresso sulla casa, che ha spinto le banche a concedere mutui sempre più rischiosi. Altro elemento da tenere in considerazione è stato l’incredibile complessità dei nuovi prodotti finanziari, che ha intricato notevolmente la vicenda. La SEC ha ammesso di avere avuto un approccio basato in modo eccessivo sull’autoregolamentazione di banche e società finanziarie.
In questo giorni la crisi viene spesso attribuita alla “cupidigia” dei banchieri. E’ una tentazione a cui è difficile resistere, ma che non credo colga uno dei punti cruciale. I banchieri hanno semplicemente risposto al loro sistema di incentivi. Forse tali sistemi di incentivazione premiano in modo eccessivo la performance di breve periodo, ma questo è un problema che veniva già sottolineato negli anni ’80. Il problema degli incentivi dei CEO è certamente cruciale, ma è di non facile soluzione.

Come giudica le misure di risposta alla crisi?
Non si può giudicare qualcosa che è ancora in via di definizione. Il progetto Paulson, appena rigettato dal Congresso aveva molti difetti. Chiedeva 700 miliardi di dollari per comprare i toxic asset della banche dando carta bianca al Tesoro americano sul come spenderli e impedendo persino una review dell’operato del Tesoro stesso. Troppo per dei deputati in campagna elettorale! Ci sono altre proposte avanzate dal membri del Congresso o da accademici (che la Fed compri azioni piuttosto che prodotti, o che le obbligazioni siano convertite in azioni) ma giovedì 2 ottobre dovremmo scoprire il nuovo compromesso.
Bisogna ammettere che quanto meno le autorità USA si sono rivelate tempestive nel proporre e riproporre soluzioni. Se la crisi si spostasse in EU, saremmo altrettanto pronti? Chi giocherebbe il ruolo che ha avuto il Tesoro americano? Abbiamo visto che i primi interventi di salvataggio, come nel caso di Fortis, sono stati lasciati ai singoli Stati. Il rischio d’arrivare impreparati all’appuntamento è grande.

Che cosa cambierà in peggio?
Inevitabilmente la crisi di Wall Street investirà anche in parte Main Street (ossia dall’ec. Finanziaria all’ec. Reale) attraverso il cosiddetto credit crunch (la fatica delle banche a offrire credito, che si scarica sui soggetti più deboli), e la crescita mondiale potrebbe subire una brusca frenata. Un’altra eredità negativa della crisi sarà a lungo un sentimento anti Mercato dei cittadini. Si invocheranno maggiori controlli e interventi statali, dimenticando che la terapia alla crisi del ’92 fu identificata, correttamente a mio avviso, nelle liberalizzazioni e nelle privatizzazioni.

Che cosa cambierà in meglio?
Speriamo che in seguito alla crisi l’EU si doti di una struttura politica ed economica adatta a fronteggiare sia i momenti neri sia le congiunture favorevoli.

Cosa cambierà per il cittadino italiano?
Difficile a dirsi. Non sappiamo ancora quanti toxic asset siano nelle mani delle banche italiane. Per il resto rimane l’incertezza nei mercati, la minaccia credit crunch e il sentimento anti mercato, che purtroppo in Italia trova sempre terreno fertile.

a cura di Michele Cremonesi
miche.cremonesi@libero.it