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Monday, September 28, 2009

dimmi la verità, la veritaaaaaa



Quello che sta succedendo all'informazione di massa, in questo periodo, è abbastanza sotto gli occhi di tutti. Se da una parte il governo non prova vergogna ad assumersi peculiarità del parlamento e giocare a rimpiattino col palinsesto, dall'altra si comporta più cautamente, per attaccare i mass media cartacei. Dove per "più cautamente" intendo che fa le cose losche.


Oggi in particolare mi riferisco al disegno di legge sulle intercettazioni, che mette una catena alle braccia già claudicanti dei giornalisti italiani. Di base c'è il terrore di querele penali e civili, figlio del fatto che molto spesso i presunti diffamati abbiano un corpo di avvocati abbastanza consistente, e dall'altra parte, il giornalista viene abbandonato, ed è facile quindi che pure in condizione di dubbio, quest'ultimo venga condannato e bollato come diffamatore.


Per evitare il tracollo ad un'azienda di stampa medio piccola, spesso l'editore mette la mani avanti e mette pressioni sul giornalista, che a questo punto deve stare attento a quello che scrive. In più per riportare un atto del procedimento (e poi processo) penale, e non incappare in denunzie, il nostro buon scrittore deve dimostrare (non a sè stesso, al giudice sempre eh) che la notizia:

-sia vera

-sia di interesse pubblico

-non abbia un tono inutilmente aggressivo

-non ci siano notizie personali superflue

... E fin qui tutto bene, ma l'assurdo sta nel fatto che se il nostro eroe è troppo preciso, e riporta l'atto, dovra fare iconti con l'art.114 del c.p.p, se invece riporta la notizia per riassunto, rischia di dover fare i conti con il giudice civile per diffamazione, non essendo stato abbastanza preciso.


La nuova legge sulla privacy, allargherebbe poi, lo spettro dell'art.114 e del 329, pretendendo di comminare una pena di 5000 pleuri a chi violi il segreto "posto sugli atti di indagine e su ogni pubblicazione arbitraira" (queste ultime due parole regalano al giudice una completa discrezionalità), in più all'editore del giornale viene posta la spada di damocle della responsabilità amministrativa che grava sull'azienda per i reati commessi dai dipendendi, nell'ambito della propria attività... quindi? quindi per ogni atto del procedimento VERO, non più coperto da SEGRETO investigativo, e riportato in maniera corretta e dettagliata l'editore rischia di pagare da un minimo di 25 mila ad un massimo di 465 soldini... A questo punto sarà l'editore a fare pressioni sul cronista, perchè si tanga alla larga da situazioni troppo losche.


La soluzione? facile, oggiogiorno chi querela non rischia niente, sia per il discorso di prima della sua capiente capacità difensiva, sia perchè, dal punto di vista legale, il massimo in cui può incappare è il pagamento delle spese del processo. Disincentivare la querela selvaggia, sembrerebbe un riemdio abbastanza efficace per limitare lo strapotere del querelante che indirettamente schiaccia la libertà di chi vuole portare alla luce aspetti spesso farraginosi dei processi italiani.


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